Claudio “Bocia” Galimberti è un uomo di 45 anni, vive solo, ed è il nostromo di un peschereccio nel mare Adriatico.

Ma Claudio è soprattutto, fin dalla giovane età, un membro degli ultras della curva nord dell’Atalanta, uno dei gruppi più rispettati e temuti nel panorama dei football fans a livello internazionale.

Una militanza vissuta con  dedizione assoluta, che lo ha portato ad essere dal 2000 il leader riconosciuto della tifoseria.

Il film ripercorre gli ultimi vent’anni della sua vita, e di quelli della società italiana, in frenetica e profonda evoluzione. Dagli scontri degli anni ‘90 al vortice della repressione che ha portato ai processi e al suo esilio da Bergamo, dalle migliaia di persone in trasferta al tentativo di trasformare il calcio in uno spettacolo orwelliano da seguire in Tv, fino ad arrivare agli spalti vuoti per il Covid. La storia senza tregua della vita di un ribelle, dall’etica granitica, dedicata ad una causa: la libertà di essere il granello di sabbia che blocca l’ingranaggio

NOTA DELL’AUTORE

Ho conosciuto il Bocia nel 1994, quando entrambi avevamo vent’anni.

Mi è subito piaciuto il modo in cui intendeva l’essere ultras: per lui era uno stile di vita, una maniera di ribellarsi. Generoso e combattivo, sempre pronto ad aiutare i più deboli e con una spiccata tendenza a non chinare la testa davanti ai potenti. Non mi stupisce che sia diventato il capo degli ultras dell’Atalanta. Nel 1998 ho cominciato a filmarlo, e non ho mai smesso. Ho seguito tutte le tappe della sua vita vorticosa, e ora che sono passati 25 anni sento che è

il momento di tirare le fila del girato e di realizzare un film che racconti la sua traiettoria.

Una percorso attraverso cui rileggere non solo i cambiamenti avvenuti nel mondo ultras e nel sistema calcio, ma anche l'evoluzione della società italiana e in generale del mondo globale. La vita del Bocia è una storia di resistenza e di resilienza, caratterizzata dalla sua capacità di rigenerarsi, trovando sempre dentro di sè la forza per non arrendersi.